IL COLORE AZZURRO DELLA NAZIONALE ITALIANA

 

L’azzurro era il colore privilegiato di Casa Savoia, cui si deve l’Unità d’Italia. E in loro onore l’Italia sportiva adottò la maglia azzurra.

La prima squadra nazionale italiana di calcio, infatti, esordì nel 1910 indossando una maglia bianca, quella dell’allora Capolista del Campionato d’Italia, la Pro-Vercelli; giocò contro la Francia a Milano. Poi giocò contro l’Ungheria. Ma il 6 gennaio 1911, di nuovo a Milano e contro l’Ungheria, la squadra adottò la maglia azzurra in onore della Casa Regnante, lasciando come seconda maglia quella bianca.

Ma perché l’azzurro era il colore privilegiato di Casa Savoia?

Tutto era iniziato nel 1366. Il Titolare del Casato era Amedeo VI (governò dal 1343 al 1383) ed era detto “Conte Verde” perché usava vestirsi di verde nei tornei cavallereschi; ma quando si trattò di cosa seria – la spedizione navale contro i Saraceni nel Mediterraneo orientale – volle affidarsi alla Madonna di cui era molto devoto invocandone la protezione; e, pensando a Lei, la “Vergine Celeste” del popolo cristiano, adottò una bandiera azzurra.

Per solidarietà i suoi cavalieri si cinsero la vita di una sciarpa dello stesso colore.

La sciarpa piacque, tanto che cominciò ad essere usata nelle festività e nelle manifestazioni divenendo caratteristica degli Ufficiali sabaudi.

Nel 1572 Emanuele Filiberto, trasferita la Capitale del suo Ducato a Torino, riformò l’Esercito e rese obbligatoria la sciarpa azzurra per tutti gli Ufficiali.

E poi anche il nastro legato all’asta delle bandiere, la coccarda sul copricapo dei militari sabaudi, il fondo di molte bandiere.

Fu così che l’azzurro si affermò come colore caratteristico dei Savoia.

Oggi, in piena Repubblica, oltre agli “Azzurri” negli sport internazionali, restano i nastri delle bandiere e le sciarpe degli Ufficiali dell’Esercito, a dimostrazione che questo colore è entrato con tutti gli onori nella cultura italiana.

Nessuno ci pensa: ma quel colore deriva dalla cultura religiosa cattolica

come omaggio a Maria la Madre di Dio.

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RIVOLUZIONE CULTURALE FEMMINILE

 

 

Anno 1965. Sicilia. Un “picciotto”, Filippo Melodia, s’innamorò di una ragazza di Alcamo, Franca Viola; ma la ragazza non volle saperne. E lui, aiutato da alcuni suoi “compari” la rapì, disonorandola: in tal modo la obbligava, secondo la morale sicula del tempo, alle “nozze riparatrici”. Ma la ragazza rifiutò il “matrimonio d’onore” e si espose al pubblico processo.

Franca Viola iniziò, così, la rivoluzione culturale della emancipazione femminile ed ebbe testimonianze di solidarietà da tutta l’Italia. La storia dice che nel 1968 sposò un uomo di sua scelta, a testa alta; e il rapitore, continuando la vita di “bravaccio”, nel 1978 finì ucciso da antagonisti con un colpo di lupara.

                                                                                                            

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